FILOSOFIA E SCIENZA
De Chirico. L'inquietudine del filosofo
La
filosofia ha preteso, spesso, di comprendere il proprio tempo partendo da una
nozione dell’essere, ossia dalla metafisica. Questo, oggi, non è più possibile.
Questa impossibilità non esclude, tuttavia, che permanga il bisogno di connettere,
concettualmente, il proprio tempo in una visione che quanto meno aspiri ad una
totalità, sebbene sempre aperta.
È
evidente, oggi, la separazione delle scienze dalla filosofia intesa in modo
tradizionale, ossia o come metafisica o come sistema delle scienze
(Enciclopedia in senso hegeliano).
La
filosofia non può più aspirare ad una fondazione delle scienze. Il loro
sviluppo risulta refrattario ad ogni guida filosofica, trovando esse in sé
stesse la propria logica. In modo ancora più radicale, si può dire che la
scienza è una realtà in grado di autodefinirsi.
La
riflessione filosofica come comprensione del proprio tempo non può fare a meno
della riflessione degli scienziati. Deve guardare con attenzione ad essa e deve
stimolarla là dove langue.
Anche
quando si ricercano i presupposti della scientificità si deve procedere con
metodo descrittivo impostato in modo storico-sistematico, prescindendo da ogni
tentativo di fondazione.
Sia
la scienza antica sia la scienza moderna alle sue origini, basata
sull’esperimento e sulla matematica, intendevano la natura come un ordinamento
eterno di cui si può avere una conoscenza adeguata. La scienza contemporanea ha
liquidato una simile idea di natura. La natura non preesiste, ma si costituisce
nella ricerca scientifica. Il passaggio a questa idea di natura è il senso fecondo
della kantiana rivoluzione copernicana.
Questo
risultato kantiano prosegue la svolta cartesiana nella filosofia moderna.
Rinunciando alla visione ingenua del mondo, Cartesio rinunciava alla nozione
della verità come conformità al dato oggettivo, per una nozione di verità come
evidenza dell’idea, come idea che diviene trasparente a sé stessa. Per questa
via si giunse alla conclusione che la verità è l’evidenza dei concetti
scientifici. Cartesio recuperava l’empiria, ma in quanto essa determina il
concetto scientifico evidente. Si prenda la legge d’inerzia formulata da
Newton. Questa legge elabora un caso ideale che non ha un immediato riscontro
nell’ente naturale. Tuttavia essa guida lo studio concreto del dato; spiega
cioè il dato empirico.
La
soluzione kantiana ha però un limite proprio nella pretesa di fondazione
trascendentale della conoscenza, ossia la fondazione in un soggetto
trascendentale e negli apriori che lo accompagnano. Lo sviluppo della scienza
ha mostrato che ad essere fondamentale non è un soggetto trascendentale, ma il
nesso dialettico di soggetto e oggetto. Nesso che diviene e nel suo divenire
modifica entrambe i poli della relazione. Questo nesso è la ricerca
scientifica.
Le
scienze, tuttavia, non producono i concetti della loro integrazione
etico/politica nella società. Finché si ritiene necessaria una simile
integrazione, le scienze devono interagire con un'altra forma di attività
intellettuale; che non è essa stessa scienza, ma non per questo deve essere
meno rigorosa.
Questa
attività intellettuale deve dedicarsi alla comprensione della struttura della
scienza contemporanea, chiarendo le possibilità che essa offre per il
ripensamento delle istituzioni sociali.
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