Il Logos e la democrazia
Dopo le
suggestioni nicciane e senza sminuirne la validità, riprendo il discorso
sul logos. Il ritorno a
Nietzsche sarà, di volta in volta, inevitabile. Il suo pungolo non potrà esser
messo a tacere.
Nonostante la denuncia che Nietzsche fece del
socratismo, penso che dagli esiti socratici della cultura greca non si possa
prescindere. Questi esiti non possono essere compresi sino in fondo qualora si
prescinda dal contesto in cui presero forma: la democrazia ateniese al suo
declino.
La filosofia dei Greci non si può comprendere senza
fare riferimento all’universo spirituale della polis, la formazione politica
che si sostituì, attraverso vicende complesse e secolari, agli antichi regni. È
nella polis che emerge la preminenza del linguaggio ed è nell’elemento del
linguaggio che si costituisce il logos greco[1]. Nella polis il logos manifesta la sua origine politica[2]. L’emergere del logos classico chiama in causa, come sua
condizione, l’emergere della dimensione pubblica. Qui l’aggettivo pubblico deve
essere inteso sia con riferimento ad un interesse comune contrapposto agli
interessi privati, sia con riferimento a pratiche che sono sotto lo sguardo di
tutti e non più di esclusiva competenza di pochi, «il controllo costante della
comunità si esercita sulle creazioni dello spirito come sulle magistrature
dello stato»[3].
L’esigenza del controllo stimola e sorregge la pubblicità sia del potere sia
delle manifestazioni culturali. D’altra parte, di fronte alle degenerazioni
demagogiche, l’esigenza di controllo e di pubblicità diviene esigenza di un
controllo e di una trasparenza “razionali”, non più in balia di umori e poteri
contingenti. È a questo punto che si inserisce l’opera di Platone, preparata
dall’attività di Socrate.
Ciò che
interessava prima Socrate e poi Platone non era semplicemente dominare
l’avversario mediante l’abile uso del linguaggio, ma trovare la via attraverso
cui si perviene ad una conclusione che vincola in quanto riconosciuta vera e
non semplicemente accidentalmente utile o piacevole. Così si costituiva il problema
fondamentale della filosofia occidentale, ossia il problema della Verità in
quanto essa deve essere attinta con forze esclusivamente umane. Così si
costituisce l’idea di ragione che obbliga a superare ogni unilateralità e
accidentalità, soprattutto quando l’unilateralità e l’accidentalità si
ammantano dell’alone di verità.
[1]
Vernant
J. P. Le origini del pensiero greco, Editori
Riuniti, 1997, «Il sistema della polis implica
prima di tutto una straordinaria preminenza della parola su tutti gli altri strumenti del potere. Essa diventa lo
strumento politico per eccellenza, la chiave di ogni autorità nello Stato, il
mezzo di comando e di dominio su altri … Il linguaggio non è più la parola
rituale, la formula giusta, ma il dibattito contraddittorio, la discussione,
l’argomentazione. Presuppone un pubblico al quale esso si rivolge come a un
giudice che decide in ultima istanza, per alzata di mano, tra i due partiti che
gli sono presentati: è questa scelta puramente umana che misura la forza di persuasione
rispettiva dei due discorsi, assicurando la vittoria di uno degli oratori sul
suo avversario »
[2]
Vernant
J. P. Le origini del pensiero greco, Editori
Riuniti, 1997, « Tra la politica e il logos c’è così un rapporto stretto, un
legame reciproco. L’arte politica consiste essenzialmente nel maneggiare il
linguaggio; e il logos, all’origine,
prende coscienza di se stesso, delle sue regole, della sua efficacia,
attraverso la sua funzione politica. Storicamente, sono la retorica e la
sofistica che, mediante l’analisi da esse intrapresa delle forme del discorso
quale strumento di vittoria nelle lotte dell’assemblea e del tribunale, aprono
la strada alle ricerche di Aristotele, definendo le regole della dimostrazione,
accanto a una tecnica della persuasione, e ponendo una logica del vero, propria
del sapere teorico, di fronte alla logica del verosimile o del probabile che
presiede ai dibattiti aleatori della pratica.»
[3]
Vernant
J. P. Le origini del pensiero greco, Editori
Riuniti, 1997
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